lunedì 19 novembre 2007

Che senso ha?

Me lo sono chiesto stasera. Me lo domando ancor ora che il buio pesto è vorace,
che la notte ha avvunto il sopravvento sulle stesse ombre.
La luna è issata nella volta celeste, ma non si vede,
peggio ancora... Non l'avverto.
Continuo a chiedermelo. Oramai mi chiedo se ha senso chiederselo.
Sembra che l'unica cosa sia capace di pensare, fare, scrivere, sia "chiedere".
Qualcosa non va, non funziona proprio.
Inutile negarlo, perché riecheggia ancor più quando mi sforzo d'oscurlo, mutilarlo, zittirlo.
Quel qualcosa.
E io domando, chiedo, interrogo.
Siate gentile, ditemelo.
Mi siedo.
Ha un effetto cronotropo ed inotropo positivo, come direi ai miei pazienti.
Non avverto il calore che mi circonda, o il freddo,
i piedi duettano ribadendo il tempo.
Non ha senso, è questo il punto.
E non voglio condividere con voi, quel che non ha senso.
Ma perché è drammaticamente così nero, il "tutt'intorno" a quel che non ha un senso?
Quel che non è un senso.
La bottiglia è appena cominciata, ma già sono stanco.
La sigaretta si consuma nella scanalutara del portacenere a fianco.
Qualche sito web, un riproduttore audio, un documento immacolato,
poche lire di connessione, una luce pulsata che non s'illumina.
Penso, chiedo, domande, interrogo.
In realtà sono cose che percepisco.
Non sono argomenti, sono cose. Dannazione sono solo pensieri.
In mezzo a queste parole c'è il senso di quel che non lo ha, e,
forse, dico forse, siate cauti, la luce svolgerà la sua funzione e cambierà lo stato delle COSE.
Allora, perdonami, accadrà il contrario.

"il contrario padrone?" - la interruppe impietrito e spaventato il povero inserviente.

Un sorriso amaro, dietro quelle tonalità vocali amare.

Una flebile luce, proiettava a stento i propri raggi, disegnando sagome sfregiate,
inadeguate.
"o l'opposto".
Un solo istante. L'inserviente fedele non potette mai giurare che il tempo non si fosse fermato.
Forse era arrivato il momento...del contrario.
Il momento in cui non aveva più senso quel che l'aveva.

lunedì 5 novembre 2007

Il titolo sta nel contenuto

Talvolta un pensiero mi annebbia l'Io: sono pazzi gli altri, o sono pazzo io?

Si è un aforisma di Einstein. La grandezza sta tanto nel suo essere scienziato, quanto nella sua inquietudine. L'uno senza l'altro l'avrebbe portato ad essere come tutti gli altri.
Lui si sentiva diverso. Lui lo era.
C'è chi si sforza d'essere diverso, pettinandosi, fingendosi intellettuale ed intelligente, o che si riscopre indossando un maglione di valore.
C'è chi si comporta con naturalezza e lo è. Senza sforza, senza finzioni, senza copertura alcuna.

Il senso comune arriva sino al primo passaggio, quella dell'immediatezza.
Appena si va altro, si esce dalla media. Si arriva a conclusioni che tergiversano dalla realtà percepita nel quotidiano.

Mi riconduco per concludere il ragionamento, chiamiamolo così, ad un altro aforisma del scienziato pazzo.

La prima necessità dell'uomo è il superfluo.

aggiungo. da che mondo e mondo, l'uomo per tamponare le proprie incertezza ha sempre trovato rifugio nella religione (sarà questa la prima necessità? questo il superfluo?). Bella ipocrisia. Bella presunzione quella di certe persone che si dicono religiose, sentenziare verità senza le prove.
Le prove, dicono d'avere le prove. Ah ah.