venerdì 26 settembre 2008

Un abbaglio

Par difficile raccontare un abbaglio.
Lo si vede per un istante. Lo si intravede soltanto.
E' una percezione.

Difficile tirare somme e bilanci.

It's hard, so hard, letting you go

Or, cara Ragione, caro Ideale, caro Orgoglio, cara Ostinatezza, cara Coerenza,
carissimi tutti,
potete lasciarmi morire della mia Morte.
Potete lasciarmi cullare dalla disperazione,
laddove ogni speranza è andata
e mi sono trovato lungo la strada un'insegna a caratteri cubitali che mi beffeggiava

Carissimi tutti
or potete lasciarmi tracollare.
Mi avete detto di tentare, di insistere
di essere sincero, leale, umile
Mi avete detto di non lasciarmi mai soppraffare laddove sentivo odore d'ingiustizia,
mi avevate detto tante cose ve lo assicuro

Il dovere di lottare per ciò che sentivo dentro, puro e sacro, mi ha stremato.
Posso riposare ora?
Permettetemelo. Vi prego, perchè sono stanco di convivere con la Dannazione.

Ora voglio solo attendere
so cosa mi aspetta e di che cosa invece non avrò mai il diritto.
So a cosa non potò mai osare.
So che ogni mondo ha il proprio mondo e che vi sono livelli che non posso essere affinati

Ho cercato di saltare, di tirar fuori il meglio di me, di toccare l'aspirazione d'una vita.
Ho toccato i miei limiti e sono tornato a terra.
Ma non mi sono dato pervinto, come mi avete insegnato, miei Signori.
Ho persistito esattamente come m'avete detto di fare.
Ho lottato contro un malessere che giorno dopo giorno mi svuotava
privandomi di forze e attanagliandomi nella morsa da cui (me ne rendevo conto sapete?)
non sarebbe poi stato più possibile fuggire.

Ogni mondo ha il proprio mondo. E nel mio mondo la parole fine è definitiva.
L'ho vista scritta quella parola. Ho visto quei caratteri cubitali.
Ho cercato di non curarmene e continuare a fare attenzione solo alla strada, ignorando quel cartello enorme che mi suggeriva ciò a cui sarei andato incontro.
Ma è stato il cartello stesso a scandire quelle parole.

E lì, tra l'arido d'una strada infinita, senza punti di riferimento, mi sono fermato.

Lasciatemi lor signor al mio blues,
perché non ho più la forza d'indossare la maschera in pubblico e non ho nemmeno più la voglia d'incontrare una sol individuo senza di essa.
Lasciate possa crogiolarmi nel blues, con attaccato il peso delle sofferenze di cui vado a raccontare.

Non pretendo che questa sofferenza mi venga cancellata. Neppure le voglio.
Perché mi ha chiarito il mondo.
Mi ha illuminato sulla vita.
Mi ha compeltamente disincantato.
Era tutto come prevedevo. Ho toccato con mano e me ne sono tornato a casa.
L'amore m'aveva quasi convinto a persistere.
Mi aveva suggerito che una qualche felicità esiste.
Avevo trovato ciò che andavo cercando e a me non è consentito toccarlo ed assaporarlo.
Prima, quando tutto questo era solo una visione del mondo potevo narrarla auspicando alla salvezza.
Ora che ho la prova che questo turbine di malessere è la realtà mi lascio andare alla mia natura,
immerso in questo whisky, in queste sostanze che mi alienano e che mi allontanano da ciò che mi ha respinto schifata per le mie sembianze, il mio modo d'essere.
Ho il peso di quelle parole, di quel rifiuto, di quella chiusura.